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Plus Guiness
- 6 pranzi tipici in ristorante
- degustazione di vini
- visita di aziende vinicole
- guida al seguito per l’intero tour
- escursione in fuoristrada a Kazbegi
- tutti gli ingressi previsti inclusi
- viaggiare in modo esclusivo con massimo 25 persone
Perchè questo Viaggio
- per conoscere la Terra del Vello d’Oro, nel cuore del Caucaso
- per scoprire gli splendidi siti Patrimonio Unesco: Il Monastero di Jvari, la Cattedrale di Svetitskhoveli, il Monastero di Gelati
- per visitare Tbilisi, capitale ricca di storia e cultura
Georgia, un paese europeo, dell'Asia centrale o del Medio Oriente?
La Georgia ha per lungo tempo rappresentato un luogo di contrasti culturali e geografici. Le condizioni climatiche e il paesaggio di questo paese rappresentano un punto di incontro tra l'Est e l'Ovest; la sua storia è una lunga successione di imperi, invasioni, schermaglie, guerre e massacri. Tuttavia, questa è anche una nazione caratterizzata dall'istinto di sopravvivenza e dal grande fascino paesaggistico, culturale e gastronomico. La Georgia si sta aprendo al mondo e, con il placarsi delle tensioni civili, il mondo comincia finalmente a prestarle attenzione. La Georgia ha raggiunto l'indipendenza soltanto pochi anni fa e, nonostante il miglioramento del livello di vita della popolazione, non sono ancora stati raggiunti gli standard europei auspicati dal governo. Le strutture turistiche, al di fuori della capitale Tbilisi, non sono molto sviluppate e molti dei beni e dei servizi dati per scontati in altri paesi non sono ancora disponibili. La sua cultura ha radici antiche ed è formata da un gran numero di influenze diverse, mentre la sua popolazione presenta un insieme di aspetti tradizionali e allo stesso tempo molto moderni. La tradizione gastronomica del paese è estremamente ricca.
La Georgia Occidentale, la Terra del Vello d’Oro, il regno della Colchide.
Le numerose scoperte trovate nella zona, il viaggio effettuato da Tim Severin nel 1984 e soprattutto la tradizione ancor oggi praticata nell’alta regione di Svaneti dell’estrazione dell’oro con pelli ovine, confermano che il re Eete e l’incantevole Medea, il Leggendario Giasone e gli Argonauti non sono solo i personaggi inventati di un mito greco. Kutaisi, una città antichissima che a più riprese ha giocato un ruolo fondamentale nella storia della Georgia, occupata e conquistata dai mongoli, dai turchi e dai russi nel XIX secolo. Zona abitata da 4000 anni, fu tra i centri più importanti dell’antica Colchide, citata come Kutaia nel III secolo a.C. da Apollonio Rodio nelle Argonautiche.
Tbilisi, la capitale della Georgia, non ancora notata dal turismo di massa, è una città ricca di cultura e storia. Questa è la meravigliosa capitale della Georgia, che si trova sospesa tra Europa e Asia nel cuore del Caucaso.Tbilisi è una terra di cultura, storia, magia e non a caso nell’antichità si pensava che qui si trovasse il famoso Vello d’Oro. Ovunque si ammirano influenze russe, turche, dell’antica Persia: la capitale era un punto strategico, un passaggio obbligatorio per i mercanti che percorrevano la via della seta, ma anche per i vari eserciti che dovevano attraversare il mondo alla conquista di nuove terre. Tbilisi, una miscellanea di culture, palazzi, chiese, e luoghi che offrono un meraviglioso ambiente naturale, ricco di terme e panorami stupendi.
Nella zona Avlabari, possiamo ammirare la Cattedrale della Santissima Trinità, che è la principale chiesa ortodossa della capitale. Iniziata nel 1989 per celebrare i 1500 anni dell’autocefalia della Chiesa ortodossa georgiana, è stata terminata nel 2004. Imponente, tanto da lasciare a bocca aperta, ospita anche un’accademia di teologia e la residenza patriarcale. In questa zona possiamo ammirare anche palazzi storici e chiese, tra cui la basilica di Anchiskhati la più antica di Tbilisi e la cattedrale di Sioni. Il Ponte della Pace, bellissimo e futuristico, progettato dall’italiano Michele de Lucchi e inaugurato nel 2010, è costruito in vetro e acciaio per evidenziare l’attraversamento del fiume Mtkvari dove già passava la via della seta. Il moderno strizza l’occhio all’antico in un grande progetto di riqualificazione della città che sta aprendo Tbilisi a un turismo di qualità. Ai piedi della fortezza di Narikala si trova un angolo di natura incontaminata all’interno della città, con cascate, fiori e sentieri panoramici su costoni rocciosi. Il Giardino Botanico della Georgia merita sicuramente una visita.
La Piazza della Libertà è famosa per la statua di San Giorgio e per il Vecchio municipio. Questa piazza è una sorta di museo a cielo aperto che ci parla della storia e della tradizione della Georgia: non è difficile infatti trovare nei locali in zona concerti di panduri, lo strumento tradizionale georgiano. Nella piazza si svolgono grandi festeggiamenti il 26 maggio, giorno in cui si ricorda la fondazione della Repubblica nel 1918.
Il Museo Nazionale della Georgia, per avvicinarsi alla cultura nazionale, ricco di tesori storici antichi, reperti greci e romani, ospita interessanti sale dedicate alle invasioni russe. La Fortezza di Narikala, simbolo indiscusso di Tbilisi, è raggiungibile grazie a una cabinovia. Dopo essersi goduti il panorama dall’alto nel tragitto si può apprezzare tutta la maestosità della fortezza e della Chiesa di San Nicola, visibile da ogni parte della città grazie al suo altissimo campanile. Le Terme di Abanotubani. La zona è ricca di acque sulfuree, tanto che Tbilisi è rinomata come località termale. Dopo l’esplorazione della città perché non rilassarsi nei bagni arabi sotterranei? Oppure possiamo optare per i Bagni Orbelliani in superficie, con mattonelle azzurre tradizionali.
Culla del patrimonio vitivinicolo mondiale, la Georgia vinifica nei tradizionali kvevri. Socialità, cultura, naturalità, tradizione: i vini georgiani sono vini da scoprire e capire 8000 anni di storia, cultura e tradizione: un debito che gli amanti del vino hanno ancora oggi nei confronti della Georgia, terra che ha visto la nascita della viticoltura e dove, è stata scoperta la prima cantina del mondo, datata 4.000 a.C. Anche l’etimologia ci viene in soccorso: la parola “vino” deriverebbe dal giorgiano “gwino”, a conferma di quanto già detto Il vino nella cultura georgiana ha un antichissimo e fondamentale ruolo sociale. Ecco perché in ogni banchetto e occasione di festa la figura di un maestro di cerimonie, Tamada, è di primaria importanza: al Tamada spetta il compito di chiamare i brindisi, facendo scorrere il vino fra gli ospiti al ritmo di augurali “Gaumarjos!” salute! La riscoperta del valore etico e storico dei prodotti eno-agroalimentari portatori di tradizione e naturalità, ha portato all’attenzione mondiale i vini georgiani ottenuti con l’antichissimo sistema del kvevri. Quelli che più sconcertano i palati occidentali sono sicuramente i vini bianchi, che i georgiani definiscono dorati, ai quali i lunghi mesi trascorsi nelle anfore conferiscono una certa tannicità, un corpo notevole e una complessità aromatica singolare. “Sconcertano” è la parola giusta: naso di smalto e petrolio, grande corpo, caratteristiche mal leggibili secondo gli standard a cui siamo abituati. Per capire questi grandi vini è necessario fare tabula rasa, dimenticare i concetti nostrani di difetto o bontà, le nostre scale di giudizio e i nostri parametri, e cercare un approccio del tutto diverso. Complessivamente le varietà di uve autorizzate al commercio dal governo georgiano sono 38. Le due regioni più vocate sono Kakheti e Imereti: la prima area è coltivata a Rkatsiteli, Saperavi, Mtsvane Kakhuri, Kisi e Khikhvi; la seconda a Tsolikouri, Kvishkhuri, Tsitska e Shavi. Queste varietà, nella maggior parte dei casi, sono vinificate in kvevri, ovvero nell’orcio georgiano di argilla cotta, rigorosamente interrati e spesso rivestiti da un film di cera d’api. Esistono due metodi di vinificazione, quello “Kakheto” e quello “Imereto”. Nella regione di Kharketi, dopo la spremitura dei grappoli effettuata ancora con i piedi in tronchi d’albero scavati, il contadino versa il mosto con tutta la sua vinaccia nel kvevri. Una volta riempito e chiuso il contenitore, e ricoperto con sabbia o terra per isolarlo, si lasciano andare fermentazione e macerazione, anche per 6 mesi, così da ottenere un vino giallo, denso, scuro, tannico, con un tasso alcolico di 13 o 14 gradi. Il metodo usato invece nella regione centro-occidentale dell’Imereti è un po’ diverso, perché al mosto viene lasciata solo una parte delle vinacce e il vino che ne deriva è più chiaro e più ricco di acidità vegetale. Il metodo di vinificazione tradizionale georgiano è stato riconosciuto Patrimonio Unesco nel 2013.
Viaggio alla scoperta dei vini georgiani, una storia antichissima appena iniziata
I monaci ortodossi, vecchissimi e con barbe straordinarie, si aggirano per il cortile del monastero di Alaverdi, a metà strada fra Tbilisi e le rive del mar Nero: un po’ nascondendosi e un po’ guardandoci, si muovono velocissimi, come i Jawa di Star Wars, quelli che smontano le cose e rubano tutto. C’è una vigna, in mezzo al cortile, e quando mi avvicino mi viene incontro un monaco. Fa dei segni con le mani ripetendo due parole. Indica la vigna e alla fine ci arrivo: mi sta dicendo «One hundred», forse il numero di piedi di vite presenti in quel cortile, e io penso vabbé. Poi però, guardando meglio le piante, i tralci, le foglie e i grappoli rimasti, mi rendo conto che sono tutti diversi. Quella non è una vigna, quello è un archivio. Una biblioteca vivente di uve: ci sono cento vitigni autoctoni diversi solo in questo cortile. In Georgia sono stati recensiti almeno 550 vitigni nativi e unici a queste terre. La questione è molto dibattuta, ma per dare un ordine di grandezza i vitigni autoctoni recensiti in Italia sono poco più della metà, in Francia meno di un terzo. E già questo comincia a rendere l’idea del territorio inesplorato con cui abbiamo a che fare. Gli archeologi concordano: il vino è nato qui, ci sono tracce chiare di uva spremuta, fermentata e bevuta che risalgono a 8000 anni fa. Qui è nata e viene praticata da secoli la tecnica di invecchiamento più seducente degli ultimi anni, cioè i qvevri, le immense anfore di terracotta che vengono interrate, permettendo al vino di comunicare forse un’ultima volta con la terra, e sicuramente di mantenere una temperatura controllata durante tutto l’invecchiamento. È sempre qui che si fanno in quantità i vini ottenuti macerando l’uva bianca a contatto con le bucce, i famigerati orange wine. Fino a quindici anni fa era quasi impossibile assaggiare vini georgiani in Europa. Perché? Beh, perché l’antica viticoltura georgiana è stata massacrata da 70 anni di Unione Sovietica: il socialismo aveva bisogno di vino, e le vigne crescevano quasi solo qui. Bisognava produrne il più possibile, e pazienza se sfruttando le vigne fino allo stremo veniva cattivo. Quel tessuto di microproduttori andava smantellato: la terra è del popolo, quindi tutta l’uva viene sequestrata. L’uva resta comunque poca per le necessità diplomatiche di un impero immenso, e quindi la si allunga con l’acqua e si aggiunge zucchero. Aggiungendo zucchero le fermentazioni impazziscono, e quindi via di solfiti. Fare il vino per consumazione personale diventa illegale e in pochi resistono: alcuni contadini e appunto i monaci, che piantano pochi esemplari di ogni vitigno per evitare che si estinguano, in attesa di un futuro migliore. Futuro che poi è arrivato, perché è adesso. Ma sarebbe scomparso quasi tutto comunque se non ci fosse stata un’eccezione. Se la pianificazione agricola del vino sovietico non avesse avuto una crepa nel suo angolo più insospettabile: nessuno lo doveva sapere, ma era fondamentale continuare a produrre una buona dose di vino georgiano come una volta, quindi nelle anfore, lasciandolo fermentare naturalmente, e usando i vitigni strani che danno pochissimo succo. Perché l’uomo che ha smantellato la produzione contadina dei vini georgiani “veri”, curiosamente, non poteva vivere senza le sue 25 bottiglie di Chinuri senza solfiti a settimana. Era georgiano, e si chiamava Iosif Vissarionovi? Džugašvili, cioè Stalin. «Tu, che fai i piani quinquennali, cosa ti compri di migliore?». Ovviamente il vino naturale del paesello. Il locale dove ci si può veramente perdere in questo mondo di vini strani è un wine bar cooperativo a Tbilisi di nome Gvino Underground: chiedere un calice significa ritrovarsi con otto bottiglie sul tavolo e assaggiarli tutti. È un’esperienza abbastanza sconvolgente, anche per chi è abituato a vini naturalissimi e fiere europee: la metà delle bottiglie sono senza etichetta, quelle che hanno l’etichetta sono scritte in georgiano, i nomi dei vitigni che si cerca di annotare sono composti per il 70 per cento da consonanti. Ma l’aspetto più spiazzante è la gamma di sapori e di profumi. Qui ci sono vini che sanno di grappa, moltissimi di mezcal, non pochi odorano di pecorino sardo. La temperatura di servizio è un'altra sorpresa, perché sono serviti a temperatura ambiente, che è un po’ un problema, soprattutto se si considera che la parola Tbilisi, in antico georgiano, vuol dire “tiepido”. In Europa i vini naturali georgiani sono discretamente diffusi e ne avevo assaggiati una manciata prima di venire qui. Se ne trovano principalmente di tre produttori: Ramaz Nikoldze, Iago Bitarishvili e soprattutto, John Wurdeman, un americano nato a Santa Fe che si è innamorato di questo Paese e dei suoi vini negli anni Novanta e che tanto ha fatto per accompagnarli nel mondo. La sua cantina, Pheasant’s Tears, è di gran lunga la più nota ed è nella regione di Kakheti, l’estremo est del paese, dove si producono i tre quarti del vino georgiano: qui si cominciano a riconoscere paesaggi che somigliano al nostro immaginario, colline sinuose coperte di vigneti, villaggi e chiostri sui cocuzzoli. Le vigne sono pulitissime, neanche un’erbaccia, e cartelli marroni piuttosto recenti indicano aziende agricole che si chiamano tutte château-qualcosa. Ogni tanto c’è qualche gigantesca anfora buttata lì, a scopo decorativo.
1°GIORNO: ITALIA TBILISI 2°GIORNO: TBILISI “la capitale della Georgia, nel cuore del Caucaso” 3°GIORNO: TBILISI MTSKHETA KUTAISI “il Vello d’Oro” TSKALTUBO km.250 4°GIORNO: KUTAISI GORI UPLISTSIKHE GUDAURI km.345 5°GIORNO: GUDAURI KAZBEGI “il Gran Caucaso” TBLISI km.190 6°GIORNO: TBILISI SHIOMGVIME CHARDAKHI - MUKHRANI TBILISI km.120 7°GIORNO:TBILISI REGIONE DEL KAKHETI “il vino georgiano” TSINANDALI GREMI SIGHNAGHI “città dell’amore” TBILISI km.310 8°GIORNO:TBILISI ITALIA |
N.B. Le visite previste potranno essere invertite tra i vari giorni in funzione degli orari di apertura dei musei o per esigenze tecniche, ma il programma rimane invariato.
Quota individuale di partecipazione | € 1.950,00 |
Supplemento singola | € 400,00 |
Riduzione bambini fino a 12 anni in 3° letto | € 100,00 |
Supplemento partenza del 19/8 | € 100,00 |
Supplemento voli intercontinentali in business class | SU RICHIESTA |
Partenza con voli Turkish da altre città | SU RICHIESTA |
Tasse aeroportuali (salvo modifiche) | € 300,00 |
Quota di iscrizione inclusa di assicurazione annullamento viaggio | € 120,00 |
La quota comprende
- Viaggio A/R Italia/Georgia con voli di linea Turkish |
Non comprende: |
Costi ingressi non disponibili
TBILISI KUTAISI GUDAURI |
ORARIO E LUOGO DI INCONTRO PER I PASSEGGERI IN PARTENZA DA ROMA:
ROMA 2 ORE PRIMA DELLA PARTENZA - AEROPORTO DI FIUMICINO TERMINAL T3 - BANCO TURKISH INCONTRO CON ACCOMPAGNATORE GUINESS
ORARIO E LUOGO DI INCONTRO PER I PASSEGGERI IN PARTENZA DA ALTRI AEROPORTI:
ISTANBUL in AEROPORTO GATE IMBARCO VOLO TK 382 per TBILISI - INCONTRO CON ACCOMPAGNATORE GUINESS
oppure
TBILISI in HOTEL ore 19.00 circa del 1° giorno - INCONTRO CON ACCOMPAGNATORE GUINESS
OPERATIVO VOLI TURKISH da ROMA, partenza del 08/07, 19/08:
FCO/IST TK 1362 07.05/10.40
IST/TBS TK 382 13.20/16.40
TBS/IST TK 383 17.30/19.05
IST/FCO TK 1361 21.45/23.20
OPERATIVO VOLI TURKISH da ROMA, partenza del 16/09:
FCO/IST TK 1362 07.05/10.40
IST/TBS TK 382 13.20/16.40
TBS/IST TK 379 10.45/12.15
IST/FCO TK 1863 17.10/18.45
DOCUMENTO RICHIESTO: PASSAPORTO INDIVIDUALE con validità residua di 6 mesi.
Paese | Capitale | Lingua | Fuso orario | Moneta | Documenti ingresso | Shengen | |||
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Georgia | TBILISI | Georgiano | +2 | Lari Georgiano | Passaporto | no |