Date di Viaggio
- 30 ottobre/03 novembre
- 04/08 dicembre
Partenze 2025
- 23/27 aprile 2025
Plus Guiness
- 3 pranzi tipici in ristorante
- visita con degustazione stabilimento Strega Alberti
- degustazioni varie di prodotti tipici
- tutte le serate by night incluse
- bevande incluse ai pasti
- tasse di soggiorno incluse
- viaggiare in modo esclusivo con massimo 30 persone
Perchè questo Viaggio
- per visitare accuratamente Napoli ed i suoi tesori
- per scoprire i tesori di Benevento città Patrimonio Unesco
- per conoscere il sogno utopistico di Re Ferdinando IV di Borbone
Sant’Agata de’ Goti: il borgo sospeso sulla roccia
Sant’Agata dei Goti è uno dei borghi più belli della Campania che si si erge su una piccola terrazza di tufo e sembra quasi che sia sospeso sulla roccia. È qui che è stato girato di recente il film con Siano “Si accettano miracoli”, pellicola che l’ha reso ancora più famoso proprio perché nelle scene si possono ammirare le sue bellezze. È un borgo famoso anche per la sua tradizione culinaria tra cui il vino, specialmente la falanghina e l’aglianico. La città è divisa in due parti: quella moderna, di origine ottocentesca, e il centro storico, un borgo arroccato sopra un rilievo di tufo. Le origini di Sant’Agata de Goti sono evidenti fin dal suo nome, dal momento che si tratta di un antico centro longobardo, ma che fu anche dominato dai normanni e quindi dagli svevi, fino a passare sotto gli angioini nel XIII secolo. Sulla rocca di tufo di Sant’Agata de’ Goti però probabilmente esistevano già insediamenti di epoca più antica, dal momento che nei dintorni sono state ritrovate necropoli sannitiche. Da vedere in città l’antichissima Cattedrale dell’Assunta, fondata nel 970, la romanica chiesa di Sant’Angelo de Munculanis, la Chiesa dell’Annunziata, che ha origini del XIII secolo, i numerosi palazzi nobiliari, il medievale Castello Ducale. Il locale Museo Diocesano conserva reperti archeologici, opere medievali e un’Annunciazione di Corrado Giaquinto.
Acquedotto Vanvitelliano
Il grandioso Acquedotto carolino serviva per portare l’acqua alle cascate e alle fontane della Reggia. Luigi Vanvitelli fece scavare grandi pozzi, innalzò a 60 metri un viadotto lungo 528 metri chiamato “Ponti della Valle”, un ponte a tre ordini di arcate costruito per superare l’alta valle di Maddaloni. Un passaggio permette di percorrere tutti gli ordini, mentre sulla parte superiore corre una strada pavimentata in pietra, con parapetti. L’acquedotto passa sulla parte superiore della struttura e in tutto si estende per un totale di 41 km. Iniziato nel 1753 fu completato nel 1770.
Ferdinandopoli, l’utopia socialista di Ferdinando IV di Borgone
Era il 20 Novembre 1789 quando a San Leucio si sperimentò il primo esempio di repubblica socialista della storia moderna, e di realistica attuazione di quella tipica Utopia idealistico - razionalista dell’Illuminismo dell’epoca, specchio di tutte le più famose teorie utopistiche da Platone alla “Città del Sole” del calabrese Tommaso Campanella, a Tommaso Moro, con la istituzione di una Colonia, ad opera del re delle Due Sicilie, Ferdinando IV di Borbone, in quello stesso Regno dove, a dispetto delle mistificazioni diffuse dalla vulgata, insieme alla rinascita dell’industria della seta era fiorito l’Illuminismo del ‘700 napoletano grande fucina del pensiero politico meridionale e dell’Illuminismo italiano, con i contributi di grandi personaggi come Gian Battista Vico, teorico della storia e della vita delle nazioni, Pietro Giannone fondatore dello stato laico, Antonio Genovesi grande teorico dei canoni fondamentali dell’economia pubblica fino ai grandi giuristi e pensatori come Gaetano Filangieri, Bernardo Tanucci, Galiani, e Pagano. E’ curioso che l’esempio luminoso di questa utopia si debba a un despota illuminato, quando un altro despota illuminato, il re del Portogallo Giuseppe I, nello stesso periodo, aveva invece stroncato nelle colonie brasiliane le prime repubbliche socialiste della storia, le Encomiendas progettate, fondate e dirette dai Gesuiti. San Leucio era in origine una residenza di caccia di Ferdinando IV di Borbone, che dopo la morte prematura del figlio principe ereditario Carlo Tito, avvenuta alla fine del 1778, il re decise di destinare a quest’altro più utile utilizzo. La Colonia verrà chiamata Ferdinandopoli e sarà posizionata nei pressi della famosa Reggia di Caserta, in quello stesso territorio oggi tristemente noto per la presenza dei clan camorristici di Casal di Principe. Il suo Statuto, basato sul principio dell’eguaglianza dei cittadini, fu stilato personalmente dal re ed anche se si basava sui fondamenti tipici di una società cattolico-patriarcale, esso anticipava, sia pure nell’ottica del dispotismo illuminato, gli stessi concetti della Comune di Parigi del 1870, che invece fu notoriamente stroncata nel sangue. Era il 1789, a Parigi ribolliva la rivoluzione ed i cognati di Ferdinando IV finivano sotto la lama della ghigliottina, infatti il re di Napoli aveva sposato Maria Carolina d’Austria, sorella di Maria Antonietta di Francia, mentre a Napoli, invece, si celebrava il trentesimo anno di regno di Ferdinando IV. Il re, aveva scelto come suo luogo di ritiro una collina vicino alla Reggia, dalla vista stupenda, dove c’era, appunto, l’antica chiesetta di San Leucio, vescovo di Brindisi. Sul Belvedere aveva fatto costruire un casino di caccia, e vi aveva fatto insediare alcune famiglie affinché vi provvedessero. Quando i coloni crebbero di numero e diventarono una piccola comunità, erano ben centotrentuno, decise di fondare una colonia modello, dotata di autonomia economica, creandovi una seteria e una fabbrica di tessuti, con una propria Legge - il Codice Leuciano, codice politico e sociale, misto di socialismo reale e utopico, ispirato alla fede dell’arte e della tecnica manifatturiera - ed una struttura urbanistica organica e simmetrica.
La fabbrica, s’ingrandì e produsse una gamma ricchissima di tessuti, anche se non ebbe mai uno sviluppo di tipo capitalistico, in quanto il lucro non era il suo fine. Era un’industria di Stato, ma al sevizio della collettività, e quindi molto diversa da quelle dei nostri tempi. I pilastri operativi della Costituzione di San Leucio-Ferdinandopoli, ispirati ai principi di uguaglianza, solidarietà, assistenza, previdenza sociale, diritti umani, erano tre: l’educazione veniva considerata l’origine della pubblica tranquillità; la buona fede come prima delle virtù sociali; e il merito la sola distinzione tra gli individui. Era vietato il lusso, gli abitanti dovevano ispirarsi all’assoluta eguaglianza, senza distinzioni di condizioni e di grado, l’abbigliamento era spartano, pratico e uguale per tutti. La Colonia era dotata di una fabbrica tessile che possedeva ben 82 ettari di terreno per i bisogni alimentari degli operai, che abitavano in case a schiera progettate dall’architetto Collecini. La vita, condotta secondo stilemi collettivi, era dura ma libera da vincoli padronali, dopo una sveglia alle prime luci del mattino, e dopo la messa, gli operai si recavano tutti insieme sul posto di lavoro, la fattoria e la fabbrica, con un’interruzione a mezzogiorno per il pranzo, riprendendo a lavorare alle 13,30 e terminando al tramonto. Il matrimonio era disciplinato al fine di preservare la comunità da pericolose influenze esterne. Se una ragazza voleva sposare un forestiero, riceveva una dote di cinquanta ducati e se ne doveva andare. Se accadeva il contrario, la sposa forestiera doveva seguire un corso di tessitura e poi entrava a pieno titolo nella comunità. I testamenti erano aboliti e l’eredità del defunto era divisa fra i figli e il coniuge superstite. Ove questi non vi fossero, l’eredità era incamerata dal Monte degli Orfani. Erano proibite le liti fra cittadini e i contrasti di poco conto venivano risolti dagli anziani e dal parroco. Esisteva anche un carcere con un sovrintendente. L’istruzione nella colonia era obbligatoria e l’educazione orientata a formare la coscienza civile, a partire dai sei anni di età, tutti indistintamente i fanciulli d’ambo i sessi, dovevano apprendere a leggere, scrivere, imparare l’aritmetica e il catechismo, poi in età adolescenziale i ragazzi erano messi ad apprendere un mestiere secondo le loro attitudini e i loro desideri.
Obbligatoria anche la vaccinazione contro il vaiolo. I giovani potevano sposarsi per libera scelta, senza dover chiedere il permesso ai genitori, l’età minima. Le mogli non erano tenute a portare la dote, a questo provvedeva lo Stato, che s’impegnava a fornire la casa arredata e quello che poteva servire agli sposi. Venivano aboliti i testamenti: i figli ereditavano dai genitori, i genitori dai figli, quindi i collaterali di primo grado e basta. Alle vedove andava l’usufrutto. Se non c’erano eredi, andava tutto al Monte degli Orfani. Nella successione maschi e femmine avevano pari diritti. I capifamiglia eleggevano gli anziani, i magistrati (i cd. Seniori che restavano in carica un anno), e i giudici civili. Esisteva una Cassa di Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati, che prestava denaro senza interesse a chi ne avesse bisogno e che provvedeva a erogare le pensioni, alimentata da ogni manifatturiere, ovvero ogni dipendente delle manifatture della seta, mediante un prelievo mensile sulla busta paga corrispondente a 80 centesimi di Lira Aurea. Tutto ruotava intorno alla fabbrica. Una seteria meccanica, sostenuta dal re con mezzi potentissimi dai primi filatoi e dai telai fino alla costruzione di una grande filanda e che sfruttava la materia prima generata dai bachi allevati nelle case del Casertano. Si producevano stoffe per abbigliamento e per parati, in una ricca gamma di rasi, broccati, velluti. Nei primi decenni dell’Ottocento, con l’introduzione della tessitura Jacquard, la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d’oro e d’argento, scialli, fazzoletti, corpetti, merletti. Si svilupparono anche dei prodotti locali, i gros de Naples e un tessuto per abbigliamento chiamato Leuceide. Era molto ricca la gamma dei colori, tutti naturali, i cui nomi cercavano di distinguere le sfumature più sottili: verde salice, noce peruviana, orso, orecchio d’orso, palombina, tortorella, pappagallo, canario, Siviglia, acqua del Nilo, fumo di Londra, verde di Prussia. I tessuti di San Leucio avevano rifornito i sovrani della casa borbonica e le famiglie della nobiltà e borghesia napoletana, sia per gli abiti sia per le tappezzerie. Fatto sta che la manifattura è sopravvissuta al Regno delle Due Sicilie e alla dominazione sabauda e, pur con caratteristiche molto diverse, continua oggi a mantenere in vita una tradizione lontana e preziosa, che si è, anzi, sparsa per il mondo. Con l’avvento della Repubblica Italiana, l’antico borgo industriale, con le abitazioni per i lavoratori, è stato oggetto di restauri ed oggi tornano a risplendere le bellezze architettoniche firmate da Ferdinando Collecini, allievo del Vanvitelli, e quelle naturali del parco della Reggia. Già sin dal 1776 Ferdinando aveva fatto venire espressamente da Torino un esperto del settore della seta, tale Francesco Bruetti, a fondare e dirigere in quel luogo una semplice manifattura di veli di seta, allora molto in voga. Che poi si svilupparono ed ampliarono sempre più, alcuni anni dopo il 1786, completando e riunendo in un locale più grande con più fabbriche e ampliando il casino di Belvedere e nel tempo stesso il centro della lavorazione, mentre il macchinista Paolo Scotti, chiamato da Firenze, dispose la collocazione per i telai e le macchine che venivano messe in moto da un rotone spinto da un ramo dell’acqua Carolina appositamente derivatovi dalla grande cascata del Real Casino. Così si ebbe una colonia industriale completa e tale da fare una pesante concorrenza alle altre fabbriche private, in quanto la seta prodotta era tessuta in maniera perfettamente uguale in tutti i suoi fili, più scelta e più solida di quella di altre manifatture, che restavano inferiori appunto per la disuguaglianza della filatura. Quello che fin da principio si fece notare fu la massima pulizia che si riscontrava in tutta la colonia unitamente all’ordine perfetto di tutta l’organizzazione produttiva. Nel 1826, vedendosi però che le casse reali non ne ritraevano direttamente tutto il vantaggio economico necessario, l’opificio di San Leucio fu dato in appalto all’industria privata ed anche se resse perfettamente per molti anni, poi fu man mano eroso dalle invasioni napoleoniche e dalla forte crescita della popolazione. Infine l’Utopia di San Leucio termino la sua missione quando nel 1861, a seguito della invasione sabauda, il Regno delle Due Sicilie fu annesso al Piemonte e tutta la struttura fu lentamente dismessa.
1°GIORNO: ROMA - NAPOLI o altra sede - POMPEI ”il sito archeologico più visitato al mondo” km.250 2°GIORNO: NAPOLI “la città del sole” 3°GIORNO: IL SANNIO - ACQUEDOTTO VANVITELLIANO - SANT’AGATA DE’ GOTI ”il borgo sospeso sulla roccia” - BENEVENTO “Patrimonio Unesco & città delle streghe”km.200 4°GIORNO: CASERTA “il palazzo reale più grande al mondo” - CASERTA VECCHIA - SAN LEUCIO km.100 5°GIORNO: NAPOLI “il centro storico” - ROMA km.230 |
N.B. Le visite previste potranno essere invertite tra i vari giorni in funzione degli orari di apertura dei musei o per esigenze tecniche, ma il programma rimane invariato.
Quota individuale di partecipazione | € 1.300,00 |
Supplemento singola | € 280,00 |
Riduzione bambini fino a 12 anni in 3°/4° letto | € 100,00 |
Supplemento partenza del 4/12 | € 100,00 |
Supplemento partenza con Trenitalia AV su Roma/Napoli | SU RICHIESTA |
Quota di iscrizione inclusa di assicurazione annullamento viaggio | € 80,00 |
La quota comprende
- Viaggio A/R in Autobus GT Lusso |
Non comprende: |
COSTO DI TUTTI GLI INGRESSI PREVISTI DURANTE IL TOUR: Tariffe incluse, in alcuni casi, di diritti di prenotazione e preacquisto obbligatori, e di sconti gruppi se previsti, € 90,00 N.B. Le tariffe degli ingressi potrebbero subire variazioni. |
NAPOLI |
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DOCUMENTO RICHIESTO: CARTA D'IDENTITA' VALIDA |